martedì 3 marzo 2009

Era notte fonda, mi trovai in un grande prato lunare.
Tutto era fermo, scuro, energicamente freddo.
Una leggera Brezza mi diede un colpo alla schiena. Feci un passo e sentii l'erba scricchiolare sotto i miei piedi.
Ero insicuro e spaventato. Ascoltavo più il mio cuore che i miei pensieri.
Non capivo, nè chi fossi nè quando e dove fossi.
La Brezza mi tocco nuovamente.
Feci un altro passo.
Il cielo era come la terra, l'aria era inutile.
Sentii una formica scalarmi il piede. Le sue zampette mi procurarono un leggero fastidio.
Ero talmente impotente da non poter alleviare neanche quello.
Dovevo aspettare ancora la Brezza per potermi muovere.
Ma non mi volevo muovere.
Perchè più in là intravidi una maschera. Piccola, sensa senso, grande come la falange del mio indice.
Mi inquietò più del nulla che mi circondava.
Lei mi avrebbe fatto male.
Lei mi avrebbe torturato.
Lei mi avrebbe ucciso
La formica arrivò al mio orecchio e con il poco fiato rimasto fece ordine:
-Scappa!
Mi girai e corsi con adrenalina sconfinando nella prestazione estrema.
La Brezza era densa e contrariata. Neanche spostandola desisteva.
Respiravo con bocca secca ciò che non mi apparteneva. Vedevo con occhi chiusi ciò che non c'era.
Mi sembrava di ascoltare lontane risate.
Precipitai a terra
Tutto era come prima.
La maschera mi analizzava.
Io la temevo.
Stremato aspettai.
Aspettai.
Aspettai.
Aspettai.
Aspettai.
Aspettai.
Aspettai.
Aspettai
Aspettai, invano.
Diventò un abitudine noiosa.
Il nulla non cambiava e la domanda scelse il coraggio.
Fu in quel momento che la maschera si mosse. In mia direzione.
Deglutii amaro e chiusi gli occhi come in attesa dell'ago. Elaborai velocemente pensieri che si dissolvevano incontrandosi.